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Coronavirus e inquinamento, nuove ipotesi da uno studio italiano

Secondo i risultati preliminari di un nuovo studio, l'inquinamento potrebbe influire sulla diffusione del Coronavirus e sulla gravità dei suoi effetti

I ricercatori sono al lavoro in tutto il mondo per studiare il Coronavirus e uno dei fattori sotto esame tra quelli che secondo i ricercatori possono influenzare la diffusione del virus c’è l’inquinamento.

Diversi gli studi emersi finora, che si sono concentrati soprattutto sul ruolo delle polveri sottili, anche se il legame tra inquinamento atmosferico e Coronavirus è ancora sotto osservazione e le ricerche, per ora non validate, si limitano per ora ad avanzare ipotesi.

Un nuovo passo avanti nella ricerca arriva dal dipartimento di Economia e Finanza dell’Università di Roma Tor Vergata che, in collaborazione con l’Università di Oxford, ha reso noti i risultati – ancora preliminari – di uno studio che ha esaminato il ruolo giocato nel Nord Italia dalla bassa qualità dell’aria e dal mancato distanziamento sociale che ha preceduto il lockdown.

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Gli studiosi si sono interrogati sulle ragioni della diffusione disomogenea del Coronavirus in Italia e hanno analizzato le differenze registrate, nelle diverse provincie, a livello di inquinamento, attività economiche, condizioni meteo (come le temperature), struttura demografica e decisioni relative al lockdown. Il working paper, ancora in corso, rivela come la scarsa qualità dell’aria sembra aver avuto «un ruolo cruciale nel rendere più gravi gli effetti dell’epidemia, mentre il blocco e il distanziamento sociale sembrano risultare efficaci per quanto riguarda i contagi, ma non ancora per i decessi», scrivono i ricercatori.

In particolare, si legge nel paper, sono due le ipotesi relative al legame tra Coronavirus e inquinamento, e in particolare agli effetti di PM2.5 e PM10.

La prima ipotesi riguarda l’effetto che le polveri sottili hanno sui polmoni delle persone, e quindi sulla gravità delle conseguenze del virus: «gli individui che vivono in aree altamente inquinate hanno polmoni più deboli e ridotta capacità di reagire a malattie respiratorie e / o polmoniti e, quindi, anche a COVID-19», spiegano i ricercatori.
La seconda ipotesi è invece relativa a come la presenza di polveri sottili sia in grado di prolungare la durata della sospensione del virus nell’aria, aumentando così il rischio di contagi.

Valeria Capettini

Laurea triennale in Lettere e magistrale in Comunicazione, dal 2021 sono iscritta all'Ordine dei Giornalisti della Lombardia. Nel 2016 sono entrata a far parte della squadra di Meteo Expert: un'esperienza che mi ha insegnato tanto e mi ha permesso di avvicinarmi al mondo della climatologia lavorando fianco a fianco con alcuni dei maggiori esperti italiani in questo settore. La crisi climatica avanza, con conseguenze estremamente gravi sull’economia, sui diritti e sulla vita stessa delle persone. Un'informazione corretta, approfondita e affidabile è più che mai necessaria.

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