COP30: l’ONU prevede un calo delle emissioni entro il 2035, ma serve accelerare
In vista di COP30, l'UNFCCC ha pubblicato un rapporto di sintesi che analizza i piani climatici presentati dai Paesi.
Per la prima volta dall’inizio dell’era industriale, le emissioni globali potrebbero iniziare a diminuire nel prossimo decennio. Ma il calo, stimato intorno al 10% entro il 2035 rispetto ai livelli del 2019, è ancora molto lontano da quanto necessario per mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 °C.
È quanto emerge dal nuovo rapporto di sintesi dell’UNFCCC (la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici), diffuso a fine ottobre in vista della COP30, che si terrà a Belém, in Brasile, dal 10 novembre.
Il documento analizza i nuovi piani climatici presentati dai Paesi (le cosiddette Nationally Determined Contributions, NDC), includendo anche le promesse ancora non formalmente depositate, come quelle della Cina e dell’Unione europea. Complessivamente, gli obiettivi coprono circa un terzo delle emissioni globali, e descrivono un mondo che comincia – timidamente – a invertire la rotta.
Secondo l’UNFCCC, se le politiche promesse verranno pienamente attuate, le emissioni mondiali di gas serra inizieranno a scendere nei prossimi dieci anni. Un segnale inedito, dopo oltre tre decenni di crescita costante. Tuttavia, per centrare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi, sarebbe necessario un taglio di circa il 60% entro il 2035: sei volte più rapido di quello attualmente previsto.
«Stiamo piegando la curva delle emissioni, ma non abbastanza in fretta»
Nel presentare il rapporto Simon Stiell, segretario esecutivo dell’UNFCCC, ha riconosciuto i progressi compiuti ma ha lanciato un appello alla rapidità:
«Siamo in una nuova era di azione e ambizione climatica. I Paesi stanno fissando obiettivi e piani di portata mai vista prima. Dieci anni dopo l’Accordo di Parigi possiamo dire semplicemente che sta producendo risultati reali. Ma deve funzionare molto più velocemente e in modo più equo, e questa accelerazione deve iniziare ora».
Stiell ha sottolineato che, per la prima volta, l’umanità «sta chiaramente piegando la curva delle emissioni verso il basso», ma «non ancora abbastanza in fretta».
«Abbiamo un serio bisogno di più velocità e di aiutare più Paesi ad adottare azioni climatiche più forti. È per questo che l’Accordo di Parigi prevede un meccanismo di revisione continua dell’ambizione, fino a quando saremo collettivamente sulla traiettoria giusta per evitare gli impatti peggiori», ha aggiunto.
Piani più completi, ma impegni ancora insufficienti
Il rapporto mostra che le NDC di nuova generazione coprono ormai quasi tutti i settori economici e includono obiettivi più credibili e dettagliati. L’89% prevede target estesi all’intera economia e quasi tre quarti (73%) contengono misure per l’adattamento ai cambiamenti climatici. Cresce anche l’attenzione ai temi sociali: giustizia climatica, partecipazione delle comunità locali, parità di genere e coinvolgimento delle giovani generazioni compaiono sempre più spesso nei piani nazionali.
Molti governi, però, restano in ritardo. Le nuove promesse della Cina – che prevede di ridurre le proprie emissioni del 7-10% rispetto al picco entro il 2035, senza specificare quando tale picco sarà raggiunto – sono state giudicate deboli dagli analisti. L’Unione europea, invece, è ancora divisa sull’ampiezza del suo obiettivo di riduzione per il prossimo decennio.
Un contesto geopolitico difficile
La vigilia della COP30 è segnata anche da tensioni politiche e incertezze sul fronte statunitense, dove l’amministrazione Trump ha nuovamente smantellato parte delle politiche climatiche varate in precedenza. Questo rende difficile stimare con precisione la traiettoria delle emissioni USA, che rappresentano ancora una quota significativa del totale globale.
Nonostante ciò, il capo dell’UNFCCC ha invitato a guardare anche alle opportunità economiche del cambiamento: «Le ricompense per chi intraprende azioni climatiche forti si misurano in milioni di nuovi posti di lavoro e trilioni di nuovi investimenti. L’azione per il clima è destinata a diventare il motore di crescita del XXI secolo».
COP30 e la sfida del “fare sul serio”
Il vertice di Belém, ospitato nel cuore dell’Amazzonia, sarà il banco di prova della cooperazione internazionale. Secondo Stiell, «la COP30 dovrà fare tre cose: mandare un segnale chiaro che la cooperazione climatica funziona ma deve accelerare; potenziare l’attuazione dell’Accordo di Parigi in tutti i settori; e connettere l’azione climatica alla vita delle persone, affinché tutti possano beneficiarne».
L’obiettivo è rilanciare la fiducia nel processo multilaterale, mostrando che la transizione ecologica non è solo necessaria ma anche conveniente. Tuttavia, la finestra per mantenere vivo l’obiettivo di 1,5 °C si sta chiudendo rapidamente.
Come ha concluso Stiell, «siamo ancora in gara, ma per garantire un pianeta vivibile agli otto miliardi di persone di oggi dobbiamo accelerare subito – alla COP30 e in ogni anno a venire».
NOTE: questo articolo è stato generato con il supporto dell’intelligenza artificiale.