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Nel Medioevo non faceva più caldo di adesso

Nell'età medioevale c'è stato un periodo di caldo anomalo, ma l'attuale riscaldamento è senza precedenti

Luglio 2023 è stato il mese più caldo della storia. Con il termine storia in questo caso ci riferiamo alla storia recente, ovvero a partire dal 1850, anno in cui sono iniziate le rilevazioni meteorologiche e climatiche. “Ma nel Medioevo faceva più caldo di oggi” è una delle argomentazioni utilizzate molto spesso dai negazionisti per smentire l’influenza dell’attività umana sul cambiamento climatico; questa affermazione oltre ad ignorare completamente l’esponenziale e continuo aumento della temperatura media globale registrato a partire dalla rivoluzione industriale, ignora le recenti scoperte scientifiche sul clima del passato.

Una di queste è quella portata a compimento da un team di ricerca della Swiss Federal Institute for Forest Snow and Landscape Research WSL e pubblicata sulla scientifica Nature, che ha indagato il clima del Medioevo studiando l’anatomia del legno degli alberi della Finlandia e della Penisola scandinava. La ricerca ha mostrato come il clima del Nord Europa sia molto più caldo oggi rispetto al Medioevo, sottolineando – un’altra volta – il ruolo del cambiamento climatico antropogenico nella variabilità della temperatura della regione.

Le ricostruzioni storiche sull’età medioevale mostrano l’avvento di una piccola era glaciale preceduta da un periodo insolitamente caldo. Questo periodo più caldo emerge anche dallo studio degli anelli annuali degli alberi, ma rileva che questa anomalia non può essere paragonata a quella attuale. I risultati di questo studio vanno a sommarsi ad una ormai ricchissima letteratura scientifica (a partire da Michael Mann, 2009) in cui si analizza, tra i molti aspetti, come alcune oscillazioni climatiche individuate nel lontano passato non siano attribuibili ad andamenti globali, ma bensì regionali. Inoltre, nel Medioevo c’è sì stato un periodo più caldo del normale, ma non ha riguardato il 98% del Pianeta come invece sta avvenendo negli ultimi decenni e, soprattutto, non lo ha fatto con una impennata che non rientra affatto nelle fluttuazioni naturali delle temperature avvenute negli ultimi 1.200 anni. In altre parole: l’attuale riscaldamento è senza precedenti e il confronto con l’età medioevale per smentirlo non ha né capo e né coda.

Per studiare il clima attraverso gli alberi e la loro anatomia, il team di ricerca ha analizzato le pareti cellulari di 50 milioni di cellule provenienti da 188 pini silvestri svedesi e finlandesi (esemplari sia vivi che morti), i cui anelli annuali hanno coperto complessivamente un periodo di 1.170 anni. “Ogni singola cellula in ogni anello dell’albero registra le informazioni climatiche in base alle quali si è formata. Analizzando centinaia, a volte migliaia di cellule per anello, è possibile ottenere straordinarie informazioni sul clima puro”, ha spiegato il primo autore dello studio e ricercatore del WSL Jesper Björklund. La lettura degli alberi è stata confrontata sia con simulazioni dei modelli del clima regionale, sia con precedenti letture basate sulla densità degli anelli annuali. “Le ricostruzioni precedenti si basavano solo sulla larghezza o sulla densità degli anelli annuali dell’albero. Entrambi dipendono molto dalla temperatura, ma a volte altri fattori giocano un ruolo nella larghezza o nella densità di un anello annuale nell’albero”, afferma Kristina Seftigen, ricercatrice dell’Università di Göteborg. Per realizzare questo nuovo studio invece è stato messo a punto un metodo particolarmente preciso per decifrare le informazioni sulla temperatura dagli alberi. L’implementazione dello studio sugli alberi e il confronto con i modelli climatici ha mostrato che la fase calda medioevale non era poi così elevata come si pensava in precedenza e che l’attuale riscaldamento non ha precedenti – almeno nell’ultimo millennio – sottolineando nuovamente il ruolo delle emissioni di gas serra sulla variabilità della temperatura scandinava.

Questo studio è particolarmente importante e significativo per tre risultati. Il primo è che i modelli climatici e le rilevazioni sugli elementi naturali convergono. Il secondo, è che rappresenta una ulteriore prova scientifica di quanto l’attuale riscaldamento sia senza precedenti. Il terzo, ma non per importanza, è che studiare il clima del passato può aiutarci a capire il clima del futuro, permettendoci di agire su quei fattori antropici che lo stanno drasticamente condizionando.

Elisabetta Ruffolo

Elisabetta Ruffolo (Milano, 1989) Laureata in Public Management presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università degli studi di Milano. Head of communication di MeteoExpert, Produttrice Tv per Meteo.it, giornalista e caporedattrice di IconaClima. Ha frequentato l’Alta scuola per l’Ambiente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per il Master in Comunicazione e gestione della sostenibilità.

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