È stato pubblicato il Piano di adattamento ai cambiamenti climatici
Il Piano rappresenta lo strumento di attuazione della Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici: è stato aggiornato rispetto alla versione del 2018, che non era mai stata attuata, ed entrerà in vigore solo dopo alcuni passaggi
Mercoledì 28 dicembre il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha pubblicato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC).
In un’Italia che negli anni si è scoperta estremamente fragile di fronte agli effetti della crisi climatica, dotarsi di un Piano per l’adattamento è più che mai urgente. Il testo era già stato pubblicato nel 2018 nell’ambito della Strategia Nazionale di adattamento, salvo poi restare di fatto chiuso in un cassetto senza essere messo in atto da nessuno dei Governi che si sono susseguiti alla guida del Paese.
Di recente quello del Piano di adattamento è tornato a essere un tema molto caldo, con esperti e attivisti che hanno chiesto a gran voce passi avanti sulla questione, anche a causa dei disastri che l’Italia ha dovuto affrontare negli ultimi mesi: i più tragici l’alluvione nelle Marche e la frana a Ischia, a settembre e novembre, il cui bilancio complessivo è di 23 persone morte e una ancora dispersa.
Il PNACC rappresenta lo strumento di attuazione della Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (SNACC), approvata nel 2015.
Il Piano potrà ufficialmente entrare in vigore solo quando sarà conclusa la procedura di Valutazione ambientale strategica e sarà emesso un decreto ministeriale.
Cosa c’è nel Piano di adattamento
L’attuale Piano di adattamento ai cambiamenti climatici è un documento di un centinaio di pagine, ed è stato aggiornato rispetto alla versione del 2018. Il Ministero dell’Ambiente ha spiegato che l’obiettivo è quello di «fornire un quadro di indirizzo nazionale per implementare azioni volte a ridurre al minimo i rischi derivanti dai cambiamenti climatici, migliorare la capacità di adattamento dei sistemi naturali, sociali ed economici, nonché trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare con le nuove condizioni climatiche».
«Si tratta di uno strumento di programmazione essenziale per un paese come il nostro, segnato da una grave fragilità idrogeologica – spiega il ministro Pichetto -. Le recenti tragedie di Ischia e delle Marche hanno ricordato quanto sia assolutamente necessaria in Italia una corretta gestione del territorio e la realizzazione di quelle opere di adattamento per rendere le nostre città, le campagne e le zone montuose, le aree interne e quelle costiere più resilienti ai cambiamenti climatici».
Il quadro climatico nazionale
Il PNACC si apre con un’analisi del “quadro giuridico di riferimento” e passa poi ad analizzare il “quadro climatico nazionale”.
Qui, in particolare, è possibile trovare un’analisi del clima registrato in Italia recentemente, con una sintesi degli eventi più estremi che hanno colpito il Paese: tra questi ci sono alluvioni e siccità, e si cita anche il crollo di quest’estate sulla Marmolada.
Vengono poi valutate le proiezioni climatiche future, illustrando diversi scenari.
- In quello peggiore – ovvero con una crescita delle emissioni ai ritmi attuali – entro la fine del secolo la temperatura media globale potrà aumentare di 4-5 gradi rispetto ai livelli preindustriali.
- Lo scenario migliore si verificherebbe se invece rispettassimo l’Accordo di Parigi, dimezzando le emissioni entro il 2050 (un obiettivo da cui al momento siamo ben lontani): in questo caso «è improbabile che si superino i 2°C di aumento della temperatura media globale rispetto ai livelli pre-industriali», riferisce il testo.
- C’è poi una via di mezzo, descritta come uno scenario di “forte mitigazione” in cui si farebbero scendere le emissioni di CO2 al di sotto dei livelli attuali entro il 2070, per arrivare poi a una stabilizzazione della concentrazione atmosferica a circa il doppio dei livelli preindustriali entro la fine del secolo. Nel 2100 registreremmo un aumento della temperatura media globale di circa 3 gradi. Si tratta comunque di un surriscaldamento estremamente significativo, che avrebbe conseguenze molto gravi sugli ecosistemi e sulla sicurezza di milioni di persone nel mondo.
Impatti dei cambiamenti climatici in Italia e vulnerabilità settoriali
Nel Piano di adattamento si trova anche un’analisi degli impatti che la crisi climatica ha sull’Italia, con dei focus sui settori principali. A questi settori faranno riferimento le misure e le azioni individuate dal PNACC.
- Criosfera (l’insieme di neve, ghiacciai e permafrost) e montagna
Le montagne sono un territorio particolarmente sensibile ai pericoli naturali legati essenzialmente a modifiche nel ciclo dell’acqua e nella criosfera, entrambi fattori importanti nel controllo della stabilità di pareti e versanti. Negli ultimi decenni la durata e lo spessore della neve si sono fortemente ridotti, così come lo stock idrico nivale che si accumula ogni anno a fine inverno. I ghiacciai hanno già perso dal 30 al 40% del loro volume. - Risorse idriche
L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha classificato l’Italia come un paese soggetto a stress idrico medio-alto. Il cambiamento climatico potrebbe agire non solo sulla quantità di risorse idriche a disposizione, ma anche sulla loro qualità, alterandone in modo più o meno diretto i parametri fisici e chimici. - Ambienti marini
Il Mar Mediterraneo sta sperimentando un’accelerazione degli impatti ecologici dovuti all’aumento della temperatura, alle ondate di calore marine e all’aumento progressivo della salinità. Il Mediterraneo rischia di subire profondi mutamenti sia in termini di composizione (biodiversità, specie aliene, composizione delle comunità) sia in termini funzionali (alterazione cicli biogeochimici, cambiamento delle reti trofiche), con un aumento della vulnerabilità e dei tassi di estinzione dei suoi componenti. - Ecosistemi e biodiversità di acque interne e di transizione
Il cambiamento climatico influisce su zone umide e lagune costiere, sui fiumi e sulle acque sotterranee con l’aumento delle temperature, la riduzione della copertura nevosa, la siccità e l’alta variabilità stagionale delle precipitazioni. - Zone costiere
Innalzamento del livello del mare e incremento della frequenza degli eventi estremi sono i due principali fattori impattanti sul sistema fisico costiero: erosione costiera e inondazione temporanea dovuta alle tempeste sono piuttosto comuni lungo le coste italiane, in particolare nelle aree con spiagge basse. - Suolo e territorio
- Dissesto geologico, idrologico e idraulico: secondo i dati Ispra aggiornati al 2021, in Italia i rischi legati alle frane, all’erosione costiera e alle alluvioni coinvolgono 7.423 comuni italiani, il 93,9 per cento. Sono 6.818.375 i cittadini Italiani a rischio alluvione (11,5 per cento), 1.303.666 quelli a rischio frane.
- Degrado del territorio, che comporta una riduzione della sua capacità produttiva biologica. Spesso, tale processo è indissolubilmente legato alla perdita di biodiversità e agli impatti dei cambiamenti climatici.
- Ecosistemi terrestri
I principali effetti dei cambiamenti climatici sulla fauna e la flora sono legati a modifiche nella fisiologia, produttività e abbondanza, nel ciclo di vita e – nel caso della fauna – nella distribuzione delle specie. - Specie alloctone
Le specie alloctone invasive rappresentano oggi una delle principali minacce alla biodiversità e il loro numero continua a crescere. Secondo gli scienziati, i cambiamenti climatici aggraveranno il loro impatto negativo con effetti su molteplici ambiti (come la biodiversità, ma anche la salute umana) e settori produttivi. - Foreste
Un tema chiave e spesso sottovalutato, in una nazione la cui superficie è per un terzo occupata da boschi. L’impatto dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi forestali è già visibile – ed è destinato ad aumentare – in un’alterazione dei tassi di crescita e della produttività, in cambiamenti nella distribuzione delle specie e in spostamenti altitudinali e latitudinali degli habitat forestali, influenzati spesso anche dall’uso del suolo, con conseguente perdita locale di biodiversità, aumento del rischio di incendio e di danni da insetti e altri patogeni, alterazione del ciclo dell’acqua e del carbonio. - Agricoltura e produzione alimentare
L’agricoltura italiana, come quella di tutti i paesi dell’area mediterranea, è una delle più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici a livello europeo. Si prevede che il settore agricolo e agro-alimentare sia soggetto a un generale calo delle capacità produttive, accompagnato da una probabile diminuzione delle caratteristiche qualitative dei prodotti. - Pesca marittima
Oltre al surriscaldamento del mare, altri fattori legati ai cambiamenti climatici possono avere un impatto rilevante sulla pesca, in particolare l’aumento della frequenza ed intensità degli eventi meteo estremi e i cambiamenti nella stratificazione verticale della colonna d’acqua. La crisi climatica avrà impatti sugli stock ittici di tutto il Mediterraneo ma anche impatti locali, con effetti diversificati sia sulla produttività delle risorse che sulle operazioni di pesca. - Acquacoltura
Ha strette relazioni con gli ambienti e gli ecosistemi di acque interne, di transizione e marini ed è considerata tra i settori socio-economici più vulnerabili ai cambiamenti climatici. Il comparto più fragile sembra essere quello della molluschicoltura, sottoposto a un maggiore numero di pressioni e impatti. - Turismo
Gli impatti principali – ma non gli unici – del cambiamento climatico sul turismo in Italia sono collegabili a una possibile perdita di attrattiva del clima mediterraneo, che diverrebbe “troppo caldo” o instabile, alla riduzione dei giorni di copertura nevosa nelle tipiche destinazioni del turismo invernale, all’erosione delle coste e a eventi meteorologici estremi che mettono a rischio le infrastrutture turistiche, balneari e non. - Insediamenti umani
Sono determinanti in tema di cambiamenti climatici: da una parte sono tra i principali responsabili delle emissioni di gas serra, dall’altra le città sono particolarmente vulnerabili ed esposte agli effetti di un clima che cambia (come fenomeni meteo estremi, caldo intenso, riduzione delle precipitazioni, innalzamento del livello del mare). - Trasporti e infrastrutture
Si stima che l’attuale impatto economico diretto associato agli eventi climatici estremi (0,15 miliardi di euro all’anno) per il settore dei trasporti potrebbe aumentare del 1900% circa entro il 2040-2070. È fondamentale tenere a mente che la crisi climatica influenzerà sia il trasporto terrestre (stradale e ferroviario) che quello aereo e navale. - Industrie e infrastrutture pericolose
L’attività del settore industriale può essere impattata negativamente dai cambiamenti climatici attraverso lo stress infrastrutturale indotto da eventi estremi, dall’aumento di temperatura, dalla scarsità e variabilità nella disponibilità di risorse idriche. Necessitano una particolare attenzione le attività che utilizzano processi e sostanze classificate come “pericolose”, che in caso di danni a seguito di eventi estremi potrebbero causare significativi impatti negativi sulla salute e sull’ambiente. - Patrimonio culturale
Molti i rischi legati al clima: i principali riguardano eventi estremi, stress termico, rischio idrogeologico, innalzamento del livello del mare ed erosione costiera. - Energia
In questo ambito il settore più colpito è quello della produzione idroelettrica, correlato alla abbondanza delle precipitazioni e alla fusione dei ghiacciai. L’aumento della temperatura inciderà anche sul settore della produzione termoelettrica in relazione al fabbisogno idrico del settore per il raffreddamento degli impianti. Un ulteriore impatto sulla trasmissione e distribuzione elettrica dovuto all’aumento della temperatura è il previsto incremento della resistenza dei cavi, e quindi delle perdite di rete, e una più difficile dissipazione del calore. Da evidenziare anche il rischio di interruzione della trasmissione di energia dovuto a eventi meteo estremi. - Salute
La crisi climatica è una delle principali minacce globali alla salute umana del XXI secolo. Molti dei rischi a livello globale sono legati agli effetti diretti e indiretti dei fenomeni meteo estremi; in Italia però a rappresentare la più forte criticità sono le temperature estreme e le ondate di calore. Nel luglio 2022 il Ministero della Salute ha registrato complessivamente un aumento della mortalità pari al 21% oltre all’atteso nelle città italiane monitorate dal Sistema di Sorveglianza della Mortalità Giornaliera, con incrementi in diverse città dove si è verificata l’ondata di calore.
Gli impatti socio-economici dei cambiamenti climatici
Uno degli scopi principali della strategia e del piano nazionale sull’adattamento al cambiamento climatico è evitare che gli effetti negativi socioeconomici derivanti dagli impatti climatici creino o aumentino disuguaglianza sociale ed economica, creando disparità in termini di accesso alle risorse, al lavoro, e più, in generale, alla prospettiva di una vita dignitosa.
La perdita di ricchezza e posti di lavoro assume una dimensione ancora più drammatica quando sono colpiti i cittadini di comunità già fragili, con alti tassi di disoccupazione e basso pil/pro capite. Oltre alle fasce di popolazione a più basso reddito e a quelle meno scolarizzate, e quindi con meno strumenti per poter far fronte all’aumento del costo della vita e alle necessità di riqualificazione professionale, ci sono inoltre delle categorie sociali che rischiano di essere maggiormente colpite e di pagare un prezzo più alto di altre. Come ad esempio le donne, a causa delle disparità occupazionali e salariali, gli individui con disabilità, gli anziani, e infine i più giovani e le nuove generazioni, su cui grava da una parte la consapevolezza di un avvenire difficile ed incerto e dell’altra il peso degli oneri economici e finanziari delle azioni necessarie alla mitigazione degli effetti di un cambiamento climatico del quale non sono stati responsabili.
Piano di adattamento: le misure e le azioni previste
Il Piano individua un insieme di 361 azioni di adattamento: fanno tutte riferimento ai settori che abbiamo elencato in precedenza, e a ognuna di esse è stato attribuito un giudizio di valore (basso, medio, medio-alto e alto) che ne valuta efficienza, efficacia, effetti di secondo ordine, performance in presenza di incertezza, implementazione politica. È possibile consultare l’elenco completo delle azioni da questa pagina (selezionando “Allegato IV”).
Secondo quanto ha riferito il Ministero dell’Ambiente, entro tre mesi dal decreto ministeriale di approvazione del PNACC verrà istituito un Osservatorio nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici. In seguito l’Osservatorio avrà altri sei mesi per individuare le modalità, gli strumenti e i soggetti competenti per l’introduzione di principi, misure e azioni di adattamento ai cambiamenti climatici nei Piani e Programmi nazionali, regionali e locali. Entro 12 mesi dall’insediamento, l’Osservatorio dovrà anche definire modalità e strumenti settoriali e intersettoriali di attuazione delle misure del PNACC ai diversi livelli del governo.
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