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Dal Togo a Glasgow, la lotta per il clima del giovane Kevin Ossah: «c’è stato un sacco di “bla bla bla”, è ora di agire»

Sono settimane cruciali per la lotta per il clima: alla fine di ottobre i grandi del G20 si troveranno a Roma e, soprattutto, in Scozia si riuniranno leader provenienti praticamente da tutto il mondo per la COP26, che in molti hanno già definito come il negoziato più importante del secolo.

A precedere la COP26 ci sono già state delle accese giornate di lavoro a Milano, dove tra la fine di settembre e i primi giorni di ottobre si sono svolti gli eventi della Youth4Climate, che ha riunito in Italia circa 400 giovani provenienti da tutto il mondo con lo scopo di avanzare alcune proposte ai leader mondiali, e della PreCOP, a cui hanno lavorato ministri e delegati di 50 paesi per cercare di spingere in avanti l’agenda sul clima in vista di Glasgow.

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Il vertice scozzese sul clima rappresenterà infine un momento chiave per fare il punto su come sono messe le diverse nazioni per quanto riguarda il clima (spoiler: non bene) e soprattutto per aggiustare la rotta verso gli obiettivi previsti dall’Accordo di Parigi e le indicazioni degli scienziati.

Per il successo del negoziato e per una transizione il più possibile giusta e inclusiva sarà fondamentale l’inclusione delle nazioni e delle comunità che finora sono state meno rappresentate e ascoltate pur essendo, oltretutto, quelle colpite in modo più duro dagli effetti della crisi climatica.

Ne abbiamo parlato con Kevin Ossah, attivista per il clima che proviene dal Togo e a soli 24 anni sta già facendo molto nel suo Paese, tanto da essere selezionato per rappresentare il Togo alla Youth4Climate di Milano.

Kevin Ossah e altri giovani delegati della Youth4Climate a Milano

Impegnato nell’attivismo da quando frequentava le scuole superiori, oggi è direttore esecutivo di OJEDD International, una rete di giovani che lavora per portare avanti soluzioni innovative per le conseguenze del cambiamento climatico e il suo impatto sulle comunità più vulnerabili in Africa.

In particolare Kevin, che ha una formazione in ingegneria ambientale, supporta le autorità e le comunità locali nell’integrazione delle questioni climatiche nei piani di sviluppo e nei progetti per un’economia sociale e solidale. «Ho intrapreso la strada dell’attivismo nel 2014, quando ero studente», ci racconta: «è un po’ complicato essere attivisti nei paesi in via di sviluppo e in Africa: non è sempre possibile fare scioperi».

Secondo gli scienziati, tuttavia, proprio le popolazioni dell’Africa saranno tra quelle più colpite dalla crisi climatica, i cui effetti sono già ben visibili nel continente tra desertificazione e siccità, ma anche fenomeni estremi come alluvioni e tempeste. Le conseguenze sono molto gravi, con fame e povertà in aumento, accompagnate da migrazioni e da un rischio sempre maggiore di conflitti.

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Anche per il Togo, ci racconta Kevin Ossah, il clima che cambia è già un problema serio.

Il Togo è tra i paesi dell’Africa occidentale più colpiti. Le coste del mio paese sono esposte all’innalzamento del livello del mare e ai venti monsonici: le comunità locali che vivono nella zona sono costrette a vedere le proprie case divorate dall’oceano.
Di recente sono stato lì per un progetto e ho potuto osservare i danni e i volti senza speranza delle persone. È orribile vedere che ogni anno il mare avanza di almeno 5-10 metri, in alcuni punti addirittura 25 metri!

Un’altra criticità riguarda l’impatto della crisi climatica sulla vita delle comunità rurali che si occupano principalmente di agricoltura. Assistiamo a mancanza di pioggia, stagioni irregolari, siccità e incendi boschivi, alluvioni, perdita di fertilità del suolo e degrado delle risorse naturali: quando i raccolti agricoli registrano dei crolli, è l’attività che genera il reddito della maggioranza della popolazione che subisce un duro colpo, e di conseguenza il tasso di povertà aumenta.
In un contesto simile è difficile mantenere una situazione di pace e coesione sociale, e ne derivano problemi legati anche alla sicurezza e all’estremismo violento.

Come si sta muovendo il governo del tuo paese per far fronte alla crisi climatica?

Anche se non abbiamo una vera e propria climate policy ci sono diverse leggi, decreti e documenti. Di recente è stata presentata alla Convenzione delle Nazioni Unite per i Cambiamenti Climatici la bozza del documento relativo ai nostri NDC, i contributi determinati a livello nazionale che evidenziano gli obiettivi climatici del Togo nella cornice dell’Accordo di Parigi. Il paese ha anche ratificato diverse convenzioni, ha un programma nazionale per il Green Climate Fund e un programma di adattamento ai cambiamenti climatici.
Non abbiamo problemi di sfruttamento del petrolio e dei combustibili fossili, ma anzi abbiamo una grande centrale fotovoltaica, la più grande della sub-regione dell’Africa occidentale.
La strada da percorrere, però, è ancora lunga e possiamo fare di più, ma per contrastare la crisi climatica e gestire i suoi effetti, il Togo ha senza dubbio bisogno del supporto internazionale. 

Sarà proprio il supporto internazionale uno dei temi chiave durante i negoziati della COP26, in particolare per quanto riguarda la finanza climatica.

La COP26 ha un’importanza strategica e presenta grandi sfide. C’è stato un sacco di “bla bla bla”, adesso dobbiamo agire.

Dobbiamo essere ottimisti anche se le azioni intraprese finora da alcuni paesi ricchi non rispecchiano gli impegni presi con l’Accordo di Parigi: serve un enorme supporto da parte dei paesi sviluppati e anche delle grandi ONG. Anche noi di OJEDD International stiamo cercando partner che permettano ai nostri progetti innovativi di avere un impatto maggiore.
Il Togo ha bisogno del sostegno internazionale, e serve anche più cooperazione. Per esempio, quando sono venuto in Italia per Youth4Climate ho dovuto recarmi in Ghana, ad Accra, per avere il visto, e dovrò tornarci di nuovo per richiedere il visto per il Regno Unito per andare a Glasgow.

Youth4Climate è stato un evento inedito che ha riunito circa 400 giovani in cerca di proposte e soluzioni per il clima. Com’è stata la tua esperienza?

Partecipare a Youth4Climate è stato qualcosa di fantastico. Sono impegnato nel mondo del clima dal novembre 2014 e finora non avevo mai avuto la possibilità di partecipare a nessun evento al di fuori dell’Africa occidentale, è stato incredibile per me.
Ho potuto dare il mio contributo ai tavoli di lavoro e ho avuto la possibilità di parlare con il ministro italiano della Transizione Ecologica Roberto Cingolani alla pari, come se fossimo compagni di classe.

Kevin Ossah e altri partecipanti alla Youth4Climate durante un confronto con il ministro Cingolani

L’evento si è chiuso con la presentazione delle proposte dei giovani per il clima: credi che verranno veramente ascoltati dai leader che si incontreranno a Glasgow?

Non credo davvero che un foglio di carta possa effettivamente far cambiare le idee dei potenti del mondo. Buona parte di loro sta provando addirittura a chiedere che l’ultimo rapporto dell’IPCC venga modificato a proprio vantaggio.

Cop26, fuga di documenti: alcune nazioni hanno fatto pressioni per manipolare i dati del rapporto IPCC

Secondo molti osservatori, una delle criticità più significative dei prossimi negoziati sarà il problema della rappresentanza dei paesi più vulnerabili, per i quali sarà difficile inviare delegazioni a Glasgow a causa degli alti costi del viaggio e degli ostacoli aggiuntivi legati all’emergenza sanitaria in corso.

È sempre stato difficile assicurare una rappresentanza adeguata per i paesi più vulnerabili. Di conseguenza succede che la maggior parte delle persone più colpite dagli impatti della crisi climatica non siedono ai tavoli dei negoziati, e chi li rappresenta non è pienamente conscio delle loro esperienze quotidiane.

Ma quest’anno più che mai gli occhi di attivisti e organizzazioni saranno puntati sui leader che si incontreranno per la COP sul clima, e soprattutto i giovani faranno sentire la propria voce perché vengano prese le decisioni giuste per il bene del pianeta.

Anche per lo stesso Kevin Ossah non è facile organizzare il viaggio per Glasgow: nonostante abbia ricevuto l’accredito da parte dell’UNFCCC, infatti, i costi sono estremamente elevati (in tutto si stima una spesa di 2.500 euro tra voli, sistemazioni e altro).

Per permettere al giovane attivista di partecipare alla conferenza sul clima è stata organizzata una raccolta fondi attraverso la piattaforma GoFoundMe: decine di donatori hanno già dato il proprio contributo permettendo a Kevin di prenotare il volo, ma al momento non è ancora stata raggiunta la somma necessaria a coprire tutte le spese. È possibile contribuire a questo link.

È stata organizzata una raccolta fondi per permettere a Kevin Ossah di partecipare alla COP26 di Glasgow
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Valeria Capettini

Laurea triennale in Lettere e magistrale in Comunicazione, dal 2021 sono iscritta all'Ordine dei Giornalisti della Lombardia. Nel 2016 sono entrata a far parte della squadra di Meteo Expert: un'esperienza che mi ha insegnato tanto e mi ha permesso di avvicinarmi al mondo della climatologia lavorando fianco a fianco con alcuni dei maggiori esperti italiani in questo settore. La crisi climatica avanza, con conseguenze estremamente gravi sull’economia, sui diritti e sulla vita stessa delle persone. Un'informazione corretta, approfondita e affidabile è più che mai necessaria.

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